a

VISIT

COLLECTIONS

AGENDA

About us

The museum and EUR

Education and Research

BPI

Support us

Press

26/10/2022

– in corso

Sammy Baloji

Fragments of Interlaced Dialogues, 2017 – … Copper Negative of Luxury Cloth, Kongo Peoples; Democratic Republic of the Congo, Republic of the Congo or Angola, Seventeenth-Eighteenth Century (fig.98), 2017

Fragments of Interlaced Dialogues, 2017 – … Copper Negative of Luxury Cloth, Kongo Peoples; Democratic Republic of the Congo, Republic of the Congo or Angola, Seventeenth-Eighteenth Century (fig.18), 2017

Opere acquisite grazie al Piano per l’Arte Contemporanea 2021 promosso da Direzione Generale Creatività Contemporanea, Ministero della Cultura

Gnosis, 2022

Geological and mining map of the Democratic Republic of the Congo (2006), supplied in response to the artist’s request, copyright Royal Museum for Central Africa, Tervuren, 2005

In comodato da Galerie Imane Farès, Parigi

Sammy Baloji (Lubumbashi, 1978; vive e lavora tra Lubumbashi e Bruxelles) è un artista multidisciplinare la cui ricerca da molti anni investiga il patrimonio pre-coloniale del Regno del Kongo (1395–1914), impero che si estendeva su gran parte degli attuali territori di Angola, Repubblica del Congo e Repubblica Democratica del Congo. Proprio nelle collezioni etnografiche riunite a partire dalla fine del XIX secolo dall’archeologo Luigi Pigorini, ed ereditate dal Museo delle Civiltà, sono custoditi una serie di olifanti e di tessuti in rafia che giunsero a Roma intorno al 1518, al tempo in cui Papa Leone X ordinò Vescovo di Utica (nell’attuale Tunisia) Henrique, figlio di Afonso I Re del Kongo e primo vescovo dell’Africa centrale nella storia della Chiesa.
Nella serie Copper Negatives of Luxury Clothes (2016– in corso) Sammy Baloji ha tentato di storicizzare questi rapporti pre-coloniali tra Europa e Africa attraverso la trasformazione in placche di bronzo di due dei tessuti in rafia delle collezioni del Museo delle Civiltà, esposti nell’ingresso del Palazzo delle Scienze. Il video About the Moon and the Velvet, installato anch’esso nell’ingresso, mostra l’elaborato processo di imaging e stampa 3D con cui l’artista ha realizzato le due sculture. Da un lato queste placche rappresentano un tentativo di monumentalizzazione delle tecniche artigianali del Regno di Kongo, perdute a causa della brutale schiavitù esplosa con la tratta atlantica e culminata con la colonizzazione belga. Dall’altro, la scelta di Baloji di replicare questi oggetti con una lega di rame e stagno sottolinea lo sfruttamento minerario del Kongo da parte del comparto industriale metallurgico occidentale, mentre le astratte composizioni geometriche dei pattern del tessuto ricordano le componenti elettroniche delle batterie contemporanee che vengono realizzate grazie all’estrazione del coltan da parte di forza lavoro infantile. Questi cortocircuiti formali racchiudono quindi l’intricata rete di relazioni estrattive, storiche e contemporanee, da parte dell’Occidente verso le regioni del Kongo.

Il nuovo ingresso delle collezioni di Arti e Culture Africane, al primo piano del Museo delle Civiltà, gravita intorno ad un’altra installazione di Sammy Baloji, Gnosis, che evoca e rappresenta una rivisitazione di una wunderkammer seicentesca (da cui anche le collezioni del Museo delle Civiltà prendono origine). Come un mappamondo sferico che abitualmente adornava studioli e gabinetti delle curiosità, la sfera nera riflettente posta al centro della stanza assorbe le immagini circostanti piuttosto che restituirne una univoca, come imporrebbe invece la cartografia scientifica. Nel libro del 1988 The Invention of Africa: Gnosis, Philosophy, and the Order of Knowledge (African Systems of Thought), da cui l’opera trae il titolo, il filosofo congolese Valentin-Yves Mudimbe, spiega come le filosofie africane sono metodi di indagine e di sapere che sottolineano una “conoscenza superiore ed esoterica” che rimane ancora oggi nascosta dietro le costruzioni culturali occidentali sull’Africa, risultato di saperi antropologico-etnografici e religiosi.

Nel riflesso della sfera scorgiamo anche una mappa del Katanga, regione di origine dell’artista dove si svolge la maggior parte delle attività minerarie contemporanee della Repubblica Democratica del Congo. Disegnata dalle autorità belghe, nella mappa sono spariti tutti i riferimenti a luoghi, villaggi o comunità, in un atto di astrazione rivelatorio dell’intento di parcellizzare e codificare la regione in base solo ai suoi minerali. Le linee rette ricordano le linee di demarcazione coloniale tracciate alla Conferenza di Berlino del 1884–85, quando le potenze europee organizzarono l’invasione e la spartizione del territorio africano. Nei riflessi appaiono anche due placche in bronzo dei tessuti Kongo, che manifestano sistemi epistemici racchiusi dalla decorazione di questi antichi manufatti: solo oggi, grazie a pratiche de-coloniali come quella di Baloji, essi tornano a far parlare la gnosi africana, intrecciandola con i suoi scenari contemporanei.

Matteo Lucchetti