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Arti e Culture Africane

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Le origini e la storia delle collezioni

Dal Regio Museo Nazionale Preistorico Etnografico (1875) al Museo delle Civiltà (2016)
Nel 1875 viene fondato da Luigi Pigorini il Regio Museo Nazionale Preistorico Etnografico di Roma nel palazzo del Collegio Romano a Roma.

Secondo le intenzioni del fondatore, Luigi Pigorini, la nuova istituzione nasceva per raccogliere in un museo “centrale”, nella nuova capitale del Regno, la documentazione delle culture preistoriche italiane, europee ed extraeuropee, e delle culture definite “primitive”.

I primi oggetti di natura etnografica del Regio Museo, raccolti tra 1635 e il 1680 dal gesuita Athanasius Kircher, provenivano dalle missioni dei Cappuccini in Congo ed Angola e da quelle dei Gesuiti in Cina, Brasile e Canada, ed erano allora conservati nel Museo Kircheriano.

Al nucleo kircheriano si aggiunsero le “curiosità esotiche” riportate in Europa dopo la scoperta dell’America e conservate nelle più importanti collezioni dell’Italia settecentesca – come quelle del Cardinale Flavio Chigi Senior e del Cardinale Stefano Borgia – e gli oggetti giunti in Italia tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900 a opera di mercanti, viaggiatori e missionari.

Le collezioni di interesse etnografico si arricchirono grazie a donazioni e acquisti. La Casa Reale, per esempio, donò numerosi oggetti, tra cui degli strumenti musicali provenienti dall’Indostan e degli ornamenti femminili delle culture nomadi del nord Africa. Da altri punti di vista, Luigi Pigorini stringeva accordi, sia tramite il Ministero della Pubblica Istruzione che personalmente, con i comandanti delle spedizioni scientifiche transoceaniche organizzate dal Ministero della Marina, affinché fosse riportato in Italia il maggior numero possibile di oggetti e fotografie dalle terre toccate durante le navigazioni. Inoltre la Società Geografica Italiana, che aveva sede nel piano terreno del Collegio Romano, depositava nel Regio Museo gli oggetti di interesse etnografico provenienti dalle sue spedizioni, tra i quali numerosi sono stati quelli raccolti da Giacomo Bove nella Terra del Fuoco e da Romolo Gessi nelle regioni dell’Africa Orientale.

Il primo allestimento del Regio Museo al Collegio Romano era figlio di visioni del mondo che ponevano le civiltà umane su una immaginaria scala evolutiva (funzionale alle narrazioni e alle pratiche coloniali), dove le produzioni provenienti dal continente asiatico erano poste all’apice e costituivano le prime sale del percorso espositivo. L’eventuale visitatore, poi, proseguiva la visita attraverso le sale dedicate alle Americhe, iniziando dal nord del continente e proseguendo verso sud; per poi giungere alle sale dedicate alle raccolte oceaniane e infine a quelle incentrate sugli oggetti africani.

Tra il 1975 e il 1977 il Museo Nazionale Preistorico Etnografico viene trasferito nel Palazzo delle Scienze all’EUR, per lasciare i locali del Collegio Romano al nuovo Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. In questa sede conserva la sua originaria organizzazione in due settori: uno dedicato alla Preistoria e uno all’Etnografia Extraeuropea.

In seguito alla divaricazione scientifica e accademica tra paletnologia ed etnoantropologia, verificatasi già nei primi due decenni del Novecento, il dispositivo della comparazione tra società preistoriche e società di interesse etnografico, messo in campo da Pigorini, si sarebbe tuttavia inceppato.

L’apice della progressiva crisi degli originari fondamenti museologici dell’Istituto, iniziata al Congresso di Etnografia Italiana del 1911, venne raggiunto negli anni ’70, con il trasferimento delle collezioni nell’attuale sede dell’EUR. Il trasferimento segnò infatti la perdita della memoria di ciò che il Museo era stato al Collegio Romano.

Nel 2016 le collezioni del Museo Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” sono confluite nell’attuale Museo delle Civiltà.

È con l’avvio della rilettura critica della sua storia che sono emersi molti spunti utili a rilanciarne la missione sociale, attraverso anche dei cambiamenti di allestimento museale, a partire dagli anni Novanta, incentrati sulle nuove sensibilità scientifiche e accademiche.

Raccogliendo criticamente l’eredità delle precedenti interpretazioni, il Museo delle Civiltà, a partire dalla sua istituzione nel 2016, svolge le proprie attività di ricerca con approcci teorici e metodologici che si distaccano da alcuni dei presupposti che avevano caratterizzato la nascita dell’istituzione alla fine dell’800 e dai suoi metodi di ricerca ancora di matrice positivista. Nel museo non trova quindi più spazio la comparazione tra “primitivo” preistorico e “primitivo” etnografico, ed è con questa stessa logica che l’attuale presentazione delle collezioni problematizza e rilegge il concetto stesso di “preistoria”.

La collezione di Arti e Culture Africane

Sull’origine del termine Africa non vi è un accordo unanime, anche se l’ipotesi più plausibile è che il termine derivi dalla tradizione letteraria toscana e italiana, per cui con Africa si intendeva la “terra degli Afri”, il nome latino dato ad alcune genti che abitavano il Nord Africa. Oggi come in passato il continente africano è un territorio poliedrico e multiforme, di cui le collezioni presenti in questo museo rappresentano solo un frammento.

Le collezioni esposte sono ordinate attraverso tre ambiti:  

Primi oggetti africani in Italia
Agli inizi dell’Età Moderna i paesi europei conoscevano soltanto la parte costiera dell’Africa. I navigatori portoghesi avevano esplorato le coste occidentali del continente in poco più di 50 anni, tra il 1434 e il 1488. Raggiunto il Capo di Buona Speranza, essi avevano aperto la via marittima che proseguiva oltre Zanzibar, in direzione delle Indie. La configurazione interna del continente restava ancora per loro sconosciuta. I portoghesi si erano limitati a installare una serie di scali costieri che servivano da base per i vascelli mercantili e per l’azione dei missionari cattolici.

Missionari e mercanti del XVI e XVII secolo riportarono dall’Africa alcuni oggetti che apparivano particolarmente curiosi al loro sguardo, scegliendo forse quelli che suscitavano maggiore meraviglia per la raffinatezza della lavorazione e per la rarità del materiale impiegato. Gli oggetti confluirono per lo più nelle raccolte d’arte delle corti reali e principesche dell’Europa rinascimentale e barocca, nei tesori delle cattedrali o nelle Camere delle Meraviglie (dal tedesco Wunderkammer) di alcuni personaggi eminenti. Queste collezioni diventeranno, nel XIX e XX secolo, il nucleo di molte delle raccolte museali etnografiche di oggi.

L’esplorazione europea dell’interno del continente: le raccolte etnografiche
Le perlustrazioni europee all’interno del continente iniziarono e si compirono nell’arco di un secolo, tra fine del ‘700 e seconda metà dell’‘800, sull’onda delle prime esplorazioni individuali (Mungo Park, René Caillé, Heinrich Barth), e successivamente delle spedizioni promosse dalle Società Geografiche.

Le vie utilizzate per accedere ai territori interni seguivano spesso i grandi fiumi, consentendo così di tracciare le carte idrografiche dell’Africa. Il corso e le sorgenti del Nilo furono mappati per ultimi, tra il 1857 e il 1864, in seguito ai viaggi di Richard Burton, Johll H. Speke e James A. Grant.

L’esplorazione dell’interno divenne completa occupazione soltanto alle soglie del ’900, quando, dopo il Congresso di Berlino (1884), si ebbe la prima spartizione del continente fra le potenze europee.

In concomitanza con la politica di espansione coloniale, nacquero, in Europa e negli Stati Uniti d’America, i grandi musei etnografici, i quali raccoglievano e classificavano armi, utensili ed ogni altro tipo di oggetto.

Gli oggetti conservati nei musei etnografici sono oggi un documento di visioni del mondo, legate a immaginari razzisti e fuorviantemente ritenute scientifiche, desuete e problematiche per un allestimento museale a tema demoetnoantropologico contemporaneo, servono però ancora ad  illustrare la mentalità di superiorità delle culture europee dell’epoca e le differenze nel modo di considerare tali oggetti tra chi li fabbricava e utilizzava e chi, invece, li sottraeva al loro contesto.

L’arte africana
L’arte proveniente dall’Africa si esprime in una vasta gamma di materiali e forme. La plastica ligneamaschere e statuaria – resta comunque il contributo della tradizione artistica del continente più rappresentato all’interno dei musei etnografici dell’epoca.

Agli inizi del Novecento, poi, l’incontro massiccio con queste forme di espressione creativa influì sul processo di rivoluzione delle arti in Europa. Con le correnti del Cubismo, dell’Espressionismo, del Futurismo e del Fauvismo iniziava così la ricerca di nuove soluzioni formali in aperta rottura con lo stile accademico allora imperante in Europa.

Dalle collezioni

Le informazioni contenute nelle didascalie derivano da una documentazione storica o da catalogazioni e inventariazioni che non riflettono necessariamente una conoscenza completa o attuale da parte del Museo delle Civiltà. La revisione progressiva del database delle collezioni è in corso e sarà costantemente aggiornata sulla base della ricerca condotta e attivando confronti e collaborazioni anche con soggetti esterni con particolare attenzione agli studi sulle provenienze.

Amuleto

Bambola per la fecondità

Bastone

Bracciali

Campana a percussione

Cintura

Collana

Collana

Tessuto

Corno