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Il Museo e l’EUR

Il Museo delle Civiltà si estende per circa 50.000 mq, fra sale espositive e depositi. L’architettura del quartiere dell’EUR gravita intorno a Piazza Guglielmo Marconi, ed è stata progettata appositamente per una cittadella dedicata alla cultura. Sia il Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari che il Palazzo delle Scienze sono caratterizzati da un doppio ordine di portici: quello inferiore, con pilastri rivestiti in travertino spazzolato, e quello superiore, con grandi colonne in marmo cipollino.

Il museo si articola presso due sedi, entrambe affacciate su Piazza Marconi e dal grande valore architettonico: il Palazzo delle Scienze (Piazza Guglielmo Marconi, 14), che ospita le collezioni preistoriche, paleontologiche e lito-mineralogiche, africane, americane, asiatiche, oceaniane, alto-medievali e contemporanee; e il Palazzo di Arti e Tradizioni Popolari (Piazza Guglielmo Marconi, 8) che ospita le collezioni di arti e tradizioni popolari italiane, contemporanee.

Palazzo delle Scienze

Il Palazzo delle Scienze venne progettato nel 1938 e ultimato nel 1943, dagli architetti L. Brusa, G. Cancellotti, E. Montuori, A. Scalpelli, del gruppo di lavoro di Marcello Piacentini, architetto a capo del progetto urbanistico per l’Esposizione Universale di Roma del 1942. La facciata è simile architettonicamente a quella del Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari: ambedue rientrano nel medesimo progetto urbanistico-architettonico della Piazza Imperiale, ora piazza Guglielmo Marconi. La piazza era, nel progetto per il concorso del 1937, il nucleo centrale dell’Esposizione che prevedeva lungo tre lati i musei dedicati all’arte antica e moderna e alla scienza, e frontalmente il cinema-teatro, edificio mai realizzato.

L’atrio del Palazzo delle Scienze è decorato da due affreschi di Valerio Fraschetti: di Le applicazioni tecniche della scienza, sulla destra, possiamo vedere solo il fondo preparatorio alla pittura, interrotta a causa della guerra, mentre La scuola di Galileo, sulla sinistra, risulta completo. Le due opere sono state successivamente coperte da pannelli e solo nel 2005 furono riportate alla luce e avviate le prime indagini per il loro integrale recupero.

Al primo piano, sovrastante lo scalone monumentale d’ingresso, troviamo la grande vetrata policroma realizzata tra il 1941 e il 1942 da Giulio Rosso, stretto collaboratore di Marcello Piacentini e Gio Ponti.

Sempre al primo piano troviamo il grande Salone delle Scienze, con il pavimento a tarsia marmorea realizzato da Mario Tozzi nel 1943.

Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari

Il progetto dell’edificio venne eseguito nel 1938 dagli architetti Massimo Castellazzi (1901-77), Pietro Morresi (1898-1982) e Annibale Vitellozzi (1902-90), inserendosi nel complesso degli edifici della Piazza Imperiale (oggi piazza Marconi) che doveva costituire il nucleo centrale dell’Esposizione Universale di Roma del 1942, e in seguito assumere carattere stabile quale sede dei “Musei d’Arte e di Scienza”. L’edificio, speculare al Palazzo delle Scienze, è costituito da un portico colonnato organizzato intorno a un cortile e da due corpi sporgenti, di cui uno concluso da una quinta architettonica a colonne che fa da fondale alla piazza.

La decorazione interna è concentrata nel Salone delle Arti e Tradizioni Popolari dove, dal 1940 al 1942, vengono realizzati una serie di affreschi con scene di vita tradizionale italiana. Al Salone si accede attraverso un varco decorato dal bassorilievo in marmo Elementi caratteristici del folklore, opera di Amerigo Tot (1909-84). Per l’atrio del museo fu commissionata a Ferruccio Scattola (1873-1950) la decorazione pavimentale in tarsia marmorea con il tema “Costumi, maschere ed altri elementi decorativi”, che non venne però mai eseguita.

I mosaici ESTERNI di Depero e Prampolini

All’esterno del Palazzo delle Scienze, con affaccio su viale della Civiltà Romana, nel 1942 venne realizzato da Fortunato Depero un mosaico dal titolo Le professioni e le arti, contrapposto frontalmente a quello di Enrico PrampoliniLe Corporazioni, sulla facciata laterale del Palazzo delle Tradizioni Popolari. Entrambi i mosaici sono stati recentemente restaurati e possono essere ammirati attraversando il propileo colonnato che collega il Palazzo delle Scienze e il Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari.

Gli affreschi di Valerio Fraschetti

Le applicazioni tecniche della scienza, conosciuto anche come Le scienze moderne, è un dipinto murale realizzato tra il 1942 e il 1943 da Valerio Fraschetti (1910-1977) nell’atrio di ingresso del Palazzo delle Scienze. Si tratta di una sinopia, una bozza preparatoria della decorazione finale, mai completata. L’opera — che occupa tutto il registro superiore della parte destra dell’atrio, e fa coppia con l’altro dipinto murale posto sulla parete opposta e realizzato dallo stesso autore — è stata realizzata stendendo sul muro una malta grossolana di colore grigio e successivamente uno strato di malta più sottile, dello stesso colore. Su quest’ultimo intonaco è stato realizzato il disegno, impiegando un unico colore sui toni del grigio, probabilmente un pigmento nero, mentre un colore rosso è stato utilizzato per suddividere la scena in diverse porzioni, contraddistinte ciascuna da numeri, in successioni da sinistra a destra.

La seconda opera realizzata da Fraschetti costituisce, come la precedente, una delle decorazioni realizzate da numerosi artisti chiamati a lavorare, a partire dal 1940, nel cantiere del Palazzo delle Scienze, edificio previsto nel contesto del progetto complessivo dell’Esposizione Universale di Roma (EUR) del 1942. Iniziata nel 1942, l’opera fu terminata nel 1943, già nel pieno della Seconda Guerra mondiale, evento a causa del quale E42 non inaugurò mai. Il titolo dell’opera cambia nel corso dei lavori: da Storia delle invenzioni si trasforma in La Scuola di Galileo: il tema di ispirazione nazionalista si inserisce nell’ottica di esaltazione del primato dell’Italia e di Roma, come delineato nel progetto universalista delle Olimpiadi delle civiltà. Il genio italiano viene rappresentato dalla figura dello scienziato Galileo Galilei, inventore del metodo scientifico sperimentale moderno, ritratto accanto al suo cannocchiale — con il quale diede dimostrazione del sistema eliocentrico — mentre lo scienziato lo rivolge verso il cielo, in cui sono raffigurati i segni zodiacali simbolo della conoscenza pre-scientifica.

La tarsia marmorea di Mario Tozzi

La monumentale tarsia marmorea al centro del pavimento del Salone d’Onore del Palazzo delle Scienze, Elementi decorativi relativi alla scienza, costituisce uno degli elementi dell’ampio programma decorativo dedicato a illustrare i protagonisti e le storie delle discipline scientifiche all’interno del Palazzo, progettato per ospitare la mostra scientifica nel contesto dell’Esposizione Universale di Roma (E42) del 1942, mai inaugurata a causa dello scoppio della II Guerra Mondiale.

L’autore della tarsia è Mario Tozzi (Isola di Fano, 1895-Saint Jean du Gard, 1979), artista che, dopo un’iniziale fase post-impressionista, adottò uno stile classicista che si approfondì nel rapporto con gli artisti del Novecento italiano, di cui Tozzi partecipa alla prima mostra nel 1926, incontrando Margherita Sarfatti e Raffaello Giolli. Divenuto tramite fra Francia (dove risiede) e Italia, Tozzi incarna la rivendicazione di un carattere italiano distinto dall’école de Paris che lo porta a collaborazioni e confronti con artisti quali Massimo Campigli, Giorgio De Chirico e il fratello Alberto Savinio, Gino Severini, René Paresce, Filippo De Pisis e il critico Waldemar George, sostenitore di un possibile classicismo mediterraneo. Dal 1935 al 1944 Tozzi si trasferì in Italia per seguire alcuni progetti di decorazione murale, fra cui gli affreschi Paradiso perduto per il Palazzo di Giustizia di Milano e Il marinaio per la rotonda d’ingresso del Padiglione centrale della Biennale di Venezia, nonché la tarsia marmorea del Palazzo delle Scienze a Roma.

Per la tarsia – realizzata in pietre e marmi italiani il cui utilizzo a fini architettonici e decorativi è documentato anche nelle collezioni lito-mineralogiche ISPRA – Tozzi ideò una scena suddivisa in più riquadri in cui sono rappresentate le discipline della Cosmografia, della Fisica, della Fisiologia, della Paleontologia e della Zoologia. Al centro della tarsia campeggia la rappresentazione della dea romana Minerva, le cui origini discendono da divinità etrusche e dalla dea greca Atena. Minerva era, per gli antichi Romani, la dea delle virtù eroiche e della guerra per giusta causa o per difesa, ma anche della sapienza e, in quanto tale, protettrice delle arti utili o funzionali (architettura, artigianato, geometria, ingegneria, matematica) e delle scienze in generale. I suoi attributi erano lo scudo, l’elmo e la lancia, che nella raffigurazione di Tozzi sono deposti a terra, mentre la dea tiene fra le mani un libro aperto e una penna d’oca, auspicio di pace e metafora di esaltazione della cultura scientifica.

LA VETRATA POLICROMA DI GIULIO ROSSO

Al primo piano, sovrastante lo scalone monumentale d’ingresso, troviamo la grande vetrata policroma, Elementi decorativi relativi all’astronomia, realizzata tra il 1941 e il 1942 da Giulio Rosso, stretto collaboratore di Marcello Piacentini e Gio Ponti. L’opera, composta da 54 pannelli rettangolari raffiguranti una complessa cosmogonia illustrata da pianeti, segni zodiacali, strumenti astronomici e schemi delle concezioni tolemaica e copernicana dell’universo, a causa della guerra non fu mai montata. Solo nel 1986, dopo il ritrovamento dei pannelli nei magazzini del museo, l’opera fu montata nel luogo per il quale era stata originariamente progettata.

Gli affreschi DEL SALONE D'ONORE

Sulla parete d’ingresso del Salone sono realizzati gli affreschi Sagra degli osei di Mario Varagnolo (1901-71), Battitura del grano di Domenico Colao (1881-1943), Cerimonia nuziale in Sardegna parzialmente eseguito da Nino Bertoletti (Umberto Natale detto Nino, 1889-1971), Funerali in Puglia di Emanuele Cavalli (1904-81), Il bue di S. Zopito di Tommaso Cascella (1890-1968).

Sulla parete di fondo figurano gli affreschi: Trasporto del mosto in Romagna di Garibaldo Guberti (1907-74), Benedizione della barca di Antonio Barrera (1889-1970), Processione parzialmente eseguito da Orazio Amato (1884-1953), Mattanza dei tonni di Pietro Barillà (1890-1953). L’artista Mario Gambetta (1886-1968) avrebbe dovuto eseguire l’ultimo affresco Battesimo in Liguria, ma al suo posto è presente un cartone attribuito a Filippo Figari (1885-1937) raffigurante un corteo processionale sardo.

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