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Riallestire

Riallestire le collezioni di un museo demo-etno-antropologico contemporaneo comporta la necessità di intraprendere, anche, una revisione progressiva che integri e condivida la storia e l’ideologia istituzionali, e quindi le metodologie di ricerca e pedagogiche adottate. Riallestire significa infatti far riemergere anche la complessità delle interpretazioni che, nel corso dei decenni, il museo ha dato a un patrimonio composto da migliaia di oggetti, di cui occorre ricostruire i contesti originari e rintracciare rigorosamente le provenienze, e analizzare i criteri di archiviazione e catalogazione, spesso connessi a sistemi di pensiero e espressioni culturali precedenti a quelli contemporaneo, per esempio quelli tardo ottocenteschi fondati su una supposta centralità, e quindi su uno storico predominio, europei nei confronti delle altre culture.

Per riallestire le collezioni del Museo delle Civiltà è necessario, pertanto, sostenere nuove connessioni tra le competenze scientifiche interne all’istituzione e quelle di una pluralità di professionalità e testimonianze esterne. Al fine di recuperare i rapporti con i contesti da cui gli oggetti etnografici provengono, ad esempio, è necessario concordare nuove relazioni con le comunità di riferimento che hanno prodotto tali oggetti, in modo da rendere il pubblico pienamente consapevole che gli oggetti nelle vetrine sono stati decontestualizzati rispetto alle loro identità originali, facendone riemergere e riaffermare la loro originale soggettività: ovvero quel complesso di memorie individuali, funzioni sociali o rituali, e valori simbolici che rischiano, altrimenti, di andare perdute nel momento in cui questi oggetti/soggetti sono stati trasferiti dal loro contesto di provenienza nelle vetrine del museo. Altre volte, riallestire vuol dire riparare un rapporto con i rappresentanti contemporanei di quelle stesse culture che hanno subito la perdita di queste opere, divenute parte del patrimonio museale non solo per ritrovamento o acquisto legittimo ma anche a seguito di sottrazioni indebite o altre forme asimmetriche di potere, di cui occorre appunto ricostruire e narrare, nella mediazione museale, il ruolo storico. Riallestire significa inoltre condividere tutte le conoscenze interdisciplinari – artistiche, scientifiche, sociali e storiche – e tutte le personalità intersezionali che queste collezioni incarnano, e portare così le molteplici eredità del passato in dialogo con le altrettanto molteplici sensibilità contemporanee.

Riallestire significa, così, intrepretare anche il museo come un soggetto in divenire, non solo un luogo di conservazione ma anche come un laboratorio aperto alle necessità collettive e alle plurime urgenze del presente. Citando la definizione di museo elaborata dall’ICOM ad agosto 2022, a Praga, riallestire diviene per i musei, in ultima istanza, il modo in cui poter “interpretare ed esporre il patrimonio culturale, materiale e immateriale”, e diventare musei “aperti al pubblico, accessibili e inclusivi”, promuovendo “la diversità e la sostenibilità” e operando “in modo etico e professionale e con la partecipazione delle comunità”.

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